giovedì 15 febbraio 2007

Scendere dalla cattedra, ma fino a dove?

Carissimi professori, parto da un evento avvenuto da poco in classe per parlare della problematica che vuole affrontare questo blog e che sento importante per la mia attività di docente.

Ebbene, io insegno Elettronica ed Elettrotecnica in un Istituto Tecnico Industriale di una scuola paritaria. Stavo spiegando in classe, una 5 che quest'anno affronterà l'esame di stato, ed a metà lezione vedo uno studente tirare fuori uno sbadiglio che faceva concorrenza a quello di un ippopotamo che si fa il bagno.

Questo semplicissimo fatto (che credo sia comune a quasi tutti i professori di scuola superiore), mi ha indotto a fermarmi per una frazione di secondo ad osservare la lavagna ... era piena di formule, di schemi; mi sono posto la domanda: "Se li vedessi io per la prima (come è accaduto quando facevo l'università) avvertirei lo stesso senso di noia manifestato dallo studente?".

Forse sì, ma quello mi ha distinto dallo studente in questione è che io non mi permettevo di sbadigliare in modo così evidente per rispetto del prof.

Dunque la mia tesi è (abbastanza facile da fare): gli studenti di oggi hanno una disciplina ed una resistenza alla fatica molto minore rispetto alla generazione che li ha preceduti (quelli che hanno fatto l'esame di maturatà con tutti commissari esterni per intenderci).

Come può un docente oggi tenere conto di questo dato di fatto nella sua opera di insegnamento?